IL GRANO CRESO
La
varietà
di
grano
duro
attualmente
più
diffusa
è
stata
ottenuta
irradiando
il
grano antico Senatore Cappelli con raggi gamma del cobalto radioattivo.
La
varietà
di
grano
Senatore
Cappelli
è
stata
largamente
usata
fino
al
1975.
Ottenuta
nel
1915
per
selezione
genealogica a Foggia, divenne il grano duro più coltivato nel meridione.
La
pianta
è
alta
più
di
un
metro
e
ottanta
ed
a
rischio
di
allettamento
(il
fusto
con
pioggia
e
vento
tende
a
piegarsi
complicando le operazioni di raccolta).
Così
nel
1974
un
gruppo
di
ricercatori
del
Centro
di
studi
nucleari
del
CNEN
della
Casaccia
(Roma)
ha
deciso
di
irradiare
la
varietà
di
grano
Cappelli,
in
modo
da
ottenere
la
mutazione
voluta,
cioè
la
“nanizzazione”
del
grano,
colpendo
il
gene
della
crescita
ad
opera
di
un
trattamento
con
raggi
gamma
del
cobalto
radioattivo,
che
provoca
mutazioni
genetiche.
Furono
ottenute
in
questo
modo
sementi
che
a
loro
volta
furono
ibridizzate
con
varietà
messicane
ottenendo
così
la
varietà
Creso
che
oggi
costituisce
il
90
%
della
produzione
nazionale
di
grano
duro.
Il
grano
Creso
è
da considerarsi OGM-mutato, per radiazioni, pertanto è anch’esso pericoloso per la salute.
Il
risultato
delle
modificazioni
genetiche
dei
tempi
moderni
ha
prodotto
un
grano
molto
squilibrato
dal
punto
di
vista
nutritivo.
Contiene
infatti
una
percentuale
di
glutine
molto
più
alta
di
quella
“primordiale”,
che
permette
ai
dolci
e
al
pane
di
crescere
molto
più
alti,
ma
che,
purtroppo,
ha
il
difetto
di
rendere
sempre
più
persone
talmente
intolleranti al consumo di frumento da doverne sospendere temporaneamente o completamente l’utilizzo.
Nel
grano
antico
originario
il
glutine
è
presente
per
il
10%,
mentre
nella
varietà
Creso
(o
varietà
derivate
dal
Creso)
il
glutine arriva fino al 18% .
Fonte: http://www.magozine.it/il-grano-duro-e-ogm/
I GRANI ANTICHI TORNANO
SUI CAMPI SICILIANI
La coltivazione di varietà antiche di grano permette di ottenere un prodotto con un
bassissimo indice di glutine che non provoca allergie e intolleranze.
Di A. Pasqualino
Fonte:http://ctzen.it/
Giuseppe
Li
Rosi
è
un
imprenditore
agricolo
di
Raddusa
(CT).
Da
otto
anni
coltiva
grani
antichi
siciliani,
una
coltivazione
che
è
stata
abbandonata
e
che
rischiava
di
scomparire
perché
soppiantata
dai
nuovi
grani
modificati
geneticamente.
«È
il
risultato
della
ricerca
del
profitto
a
discapito
della
salute»
,
dice
l’agricoltore
catanese
che,
con la sua scommessa sui prodotti digeribili e pieni di sapore del frumento antico, sfida le multinazionali.
Pensava
di
andarsene
via
e
invece
è
rimasto
in
Sicilia,
a
curare
la
terra.
Ma
Giuseppe
Li
Rosi,
imprenditore
agricolo
da
tre
generazioni,
non
è
un
semplice
agricoltore
che
fornisce
materie
prime
all’industria.
È
un
coltivatore
di
grani
antichi
siciliani,
patrimonio
genetico
appartenente
alla
biodi-versità
mediterranea
e
frutto
della
selezione
fatta
dai
contadini in novemila anni di storia dell’agricoltura
. (...)
Da un paio d’anni li ha introdotti come semi aziendali e la produzione biologica gli permette di utilizzarli.
La
sua
azienda
agricola
di
200
ettari
è
la
più
grande
nella
coltivazione
di
grani
antichi
in
Sicilia
e
la
seconda
per
grandezza
e
varietà
in
Italia.
Vi
coltiva
quattro
tipi
di
grano:
il
Timilia,
il
grano
tenero
Maiorca,
lo
Strazzavisazz,
la
varietà
più
antica
di
grano
duro
presente
in
Sicilia
chiamato
per
questo
anche
settecentanni
e
il
Margherito
o
Bidì
dalle
ottime caratteristiche panificatorie.
Questi
grani
producono
il
50
per
cento
in
meno
rispetto
alle
varietà
moderne
(20
quintali
per
ettaro
invece
di
40
o
50),
ma,
in
compenso,
hanno
caratteristiche
molto
importanti
per
la
nostra
salute
in
quanto
hanno
un
bassissimo
indice
di
glutine
che
li
rende
più
digeribili.
(...)
L’alto
indice
di
glutine
serve
all’industria
in
quanto
velocizza
il
processo
di
pastificazione
perché
il
grano
può
essere
sottoposto
a
temperature
di
essicazione
molto
alte,
ma
il
nostro
intestino
non
lo
riconosce
e
comincia
a
produrre
radicali
liberi
che
causano
mali
che
vanno
dalle
allergie
ai
tumori.
È
il
solito
discorso del profitto a discapito della salute, fatto su un alimento che mangiamo giornalmente».
L’imprenditore
di
Raddusa
invece
pensa
alla
qualità,
ma
senza
dimenticare
il
guadagno.
«Spero
di
riuscire
a
guadagnare di più di un’azienda agricola normale perché vendo anche prodotti finiti», afferma. (...)
“Il
prezzo
lo
decido
io
e
non
Chicago,
sede
della
borsa
mondiale
del
grano
a
settemila
chilometri
di
distanza.
-
dice
Li
Rosi
-
Offro
un
prodotto
digeribile
e
che
dà
più
energia
perché,
a
differenza
dei
grani
moderni
abituati
a
ricevere
il concime dall’alto, sono capaci di trovare micronutrienti nel terreno che vengono trasferiti nel prodotto finito
”.
A
chi
obietta
che
i
prodotti
biologici
costano
troppo
e
che
sono
di
nicchia,
lui
risponde
che
pensa
invece
che
siano
per
coloro
che
hanno
preso
coscienza.
Un
chilo
della
sua
pasta
costa
cinque
euro.
«Non
è
un
prezzo
esagerato
–
spiega
Li
Rosi – lo pensiamo perché ci hanno abituati a spendere 90 centesimi per un chilo di pasta.
Ma
com’è
fatta
questa
pasta?
Comprandola
non
stai
spendendo
cinque
volte
di
meno,
ma
buttando
90
centesimi
per danneggiare la tua salute e quella dei tuoi figli
.
Con
qualche
euro
in
più,
invece,
sono
sicuro
di
dare
ai
miei
figli
un
prodotto
genuino
e
salubre,
e
contribuisco
alla
bio-
diversità e a salvare le aziende agricole che sono la base della crescita delle nazioni».
«Il
consumatore
–
continua
Li
Rosi
–
dovrebbe
porsi
una
domanda,
che
è
la
stessa
che
si
facevano
gli
uomini
primitivi
quando
andavano
alla
ricerca
del
cibo:
cos’è
buono
e
cos’è
cattivo,
cosa
mi
permette
di
proliferare
e
cosa
invece
mi
toglie energia.
Il problema è che solo pochissimi si pongono questa domanda. Eppure nessuno mai metterebbe nafta o benzina
sporca nella propria macchina, ce ne guardiamo tutti bene, perché invece non pensiamo a cosa introduciamo
nel nostro corpo?”. (...)
Le intolleranze
Alimentazione e Salute
Associazione SUM
Stati/Popoli Uniti del Mondo