I VERI COSTI DELLA CARNE
Recensione del libro "ECOCIDIO" di J. Rifkin
a cura di MANDALA, da www.consapevolezza.it/notizie
"
Ecocidio
"
è
uno
di
quei
libri
che
molte
persone,
anche
le
più
attente
ai
problemi
del
mondo,
non
vorrebbero
mai
leggere,
per
non
costringersi
a
prendere
coscienza
del
vero
prezzo
che
si
paga
per
un'abitudine
alla
quale
è
difficile
rinunciare:
l'alimentazione
carnivora.
Come
suggerisce
il
sottotitolo,
"
Ascesa
e
caduta
della
cultura
della
carne
",
l'autore,
presidente
della
Foundation
on
Economic
Trends
di
Washington,
prende
in
esame
le
origini
di
questa
malsana
abitudine,
il
suo
affermarsi
nella
maggior
parte delle popolazioni e la sua prossima, inevitabile caduta.
Jeremy
Rifkin
si
sofferma
in
particolare
su
un
aspetto
inquietante
della
cultura
della
carne:
la
cosiddetta
"
scala
artificiale
delle
proteine
",
quella
convinzione,
indotta
nella
gente
dai
poteri
economici
interessati,
per
cui
le
proteine
animali
sarebbero
insostituibili,
perché
più
complete
per
la
salute
umana,
rispetto
alle
proteine
di
origine
vegetale.
Scienziati,
governi
e
multinazionali,
sarebbero
complici
di
questa
pseudo-necessità
indotta
e,
cosa assai grave, della distruzione delle risorse ambientali e della povertà di milioni di abitanti del nostro pianeta.
L'alimentazione
carnivora
ha
provocato
ogni
sorta
di
scempio
.
Danni
irreparabili
all'ambiente,
distruzione
di
ecosistemi
millenari,
estinzione
di
animali,
sfruttamento
dei
lavoratori,
eccessi
moralmente
e
socialmente
scandalosi
che significano privazione per altri uomini ed altri esseri viventi.
Jeremy
Rifkin
si
concentra
poi
sulla
nascita
delle
prime
fabbriche-mattatoi
negli
Stati
Uniti,
le
prime
catene
di
montaggio
della
storia,
nelle
quali
i
lavoratori
erano
costretti
a
squartare
le
carcasse
dei
bovini
a
ritmi
assurdi,
tra
l'odore
fetido
della
morte,
il
sangue
e
gli
urli
strazianti
degli
animali.
I
lavoratori
dei
mattatoi
erano
costretti
ad
una
vita
alienante
e
moralmente
avvilente,
oltre
che
fisicamente
insostenibile.
Turni
di
lavoro
interminabili,
in
un
ambiente
infernale,
privo
di
luce
e
di
aria,
maneggiando
coltellacci
affilatissimi
al
ritmo
inumano
della
catena
(Ford
si
ispirò
alle
catene
di
montaggio
dei
mattatoi
per
la
sua
industria
automobilistica),
senza
tutele
sanitarie
e
con
salari
che
permettevano
a
malapena
la
sopravvivenza.
I
lavoratori
si
ferivano
spesso
con
i
coltelli
utilizzati
per
tagliare
la
carne
e
si
infettavano
delle
malattie
trasmesse
dai
bovini.
La
carne
non
era
soggetta
a
controlli
sanitari
soddisfacenti
e
spesso
venivano
mescolati
e
tritati,
insieme
alla
carne
dei
bovini,
gli
sputi
dei
lavoratori
malati
di
tubercolosi
e
i
topi
che
banchettavano sulle carcasse, nonché pezzi di bovini malati. Stiamo parlando dei primi decenni del '900.
I
lavoratori
dei
mattatoi
tentarono
di
associarsi
in
sindacati,
ma
questi
venivano
ostacolati
dagli
allevatori
e
dalle
aziende
legate
all'industria
della
carne,
che
intanto
costruivano
imperi
finanziari
che
sopravvivono
e
prosperano
tuttora.
Non
solo:
gli
scioperi
erano
assolutamente
inefficaci,
perché
le
aziende
ricorrevano
a
"crumiri"
immigrati
dell'America
Latina e dell'Asia, disposti a tutto per un tozzo di pane.
Tutto
questo
mentre
si
lanciavano
delle
efficacissime
campagne
pubblicitarie
e
"informative",
con
la
complicità
dei
governi
e
delle
istituzioni
scientifiche
e
di
controllo,
per
convincere
la
gente
a
mangiare
carne
bovina
ingrassata
a
cereali.
Da
allora
le
condizioni
igieniche
della
carne
americana,
non
sono
affatto
migliorate.
Gli
enti
federali
preposti
ai
controlli
veterinari
sulle
condizioni
delle
carcasse
animali,
sono
stati
ridotti
ai
minimi
termini,
grazie
all'enorme
potere
del
"cartello
della
carne":
nei
mattatoi
si
continuano
a
impacchettare
per
l'alimentazione
umana,
animali
malati
o
giunti
morti
al
mattatoio.
La
parola
d'ordine
nei
mattatoi,
infatti,
è:
"non
fermare
la
catena
di
montaggio",
ossia
non
fermare
i
guadagni.
Sulla
pelle
della
gente.
E
i
lavoratori
dei
mattatoi,
ancora
in
prevalenza
immigrati,
continuano
ad
essere
la
categoria maggiormente soggetta a incidenti sul lavoro e a malattie "professionali".
Passiamo
infine
ad
uno
degli
aspetti
più
assurdi
e
inaccettabili
connessi
all'alimentazione
carnivora:
l'
impatto
sull'ambiente e sulle popolazioni dei paesi in via di sviluppo
. Lasciamo la parola allo stesso Jeremy Rifkin:
"Dal
1960,
più
del
25%
delle
foreste
dell'America
centrale
è
stato
abbattuto,
per
fare
posto
a
pascoli
per
mandrie
di
bovini[...]
Mentre
i
consumatori
americani
risparmiavano,
in
media,
quasi
un
quarto
di
dollaro
per
ogni
hamburger
prodotto
con
carne
importata
dal
Centroamerica,
in
quella
regione
il
costo
per
l'ambiente
era
elevatissimo
e
il
danno
irreversibile [...]
"La
creazione
di
un
vasto
complesso
bovino
centro-americano
ha
arricchito
una
ristretta
elite
e
impoverito
la
maggioranza
dei
piccoli
agricoltori,
diffondendo
disagio
sociale
e
dissenso
politico;
più
della
metà
delle
famiglie
rurali
del
Centroamerica
-
35
milioni
di
persone
-
non
possiede
terra,
o
non
ne
possiede
a
sufficienza
per
il
proprio
sostentamento,
mentre
l'aristocrazia
terriera
e
le
società
multinazionali
continuano
ad
appropriarsi
di
ogni
ettaro
disponibile, trasformandolo in pascolo[...]"
"Il
processo
di
deforestazione,
concentrazione
della
proprietà
terriera
e
dislocazione
delle
popolazioni
rurali
locali
che
ha
interessato
tutta
l'America
Latina,
aveva
lo
scopo
di
trasformare
un
intero
continente
in
un
pascolo
al
servizio
della
dieta carnea dei ricchi latinoamericani, europei, americani e giapponesi [...]"
"Fra
il
1966
e
il
1983,
quasi
100.000
chilometri
quadrati
di
foresta
amazzonica
sono
stati
abbattuti
in
nome
dello
sviluppo
economico.
Il
38%
della
distruzione
di
foresta
pluviale
in
quel
periodo
è
attribuibile
alla
creazione
di
allevamenti
bovini
su
larga
scala.
Oggi,
nelle
aree
un
tempo
coperte
dalla
foresta
amazzonica,
pascolano
milioni
di
capi
di
bestiame.
Ma
quella
terra
non
è
affatto
adatta
al
pascolo:
nell'ecosistema
tropicale
lo
stato
superficiale
del
suolo
è
estremamente
sottile
e
fragile,
e
contiene
scarso
nutrimento.
Dopo
solo
pochi
anni
di
pascolo
-
in
genere
da
tre
a
cinque
-
il
suolo
diventa
sterile
e
gli
allevatori
devono
abbattere
un'altra
sezione
di
foresta
per
spostarvi
le
mandrie"
(affinché torni di nuovo fertile possono passare dai 200 ai 1000 anni!).
Da
notare
che
gran
parte
dei
farmaci
e
dei
medicamenti
che
utilizziamo
tutti
noi,
vengono
prelevati
dalle
numerosissime
e preziosissime piante della foresta amazzonica.
"Ciascuno
di
noi
-
afferma
Rifkin
-
è
in
qualche
misura,
responsabile
della
perdita
della
foresta
pluviale
primordiale.
Per
esempio
si
stima
che
ogni
hamburger
ricavato
da
carni
provenienti
dal
Centro
e
Sud
America,
comporti
la
distruzione
di
circa 75 chilogrammi di forme viventi".
Tutto
ciò
ha
anche
un'altra
conseguenza:
la
desertificazione
,
uno
dei
più
gravi
problemi
attuali
del
nostro
pianeta,
che
assume
proporzioni
enormi
proprio
in
America
e
in
Africa.
Oggi
più
del
50%
della
superficie
dell'Africa
orientale
è
riservata
al
pascolo,
quando
l'uso
dell'acqua
e
delle
terre
fertili
per
produrre
cereali
destinati
agli
uomini
sarebbe
la
cosa
più
intelligente
da
fare.
Eppure
gli
organismi
internazionali,
compresa
la
FAO,
continuano
a
indirizzare
l'Africa
in
questo
senso e ad elargire fondi per incentivare l'allevamento. In questo modo l'Africa diventa una terra sempre più arida.
"Ogni
anno
nel
mondo
fra
40
e
60
milioni
di
persone
muoiono
di
fame
o
di
patologie
legate
alla
malnutrizione.
Il
pedaggio
più
severo
viene
pagato
dai
bambini.
La
malnutrizione
affligge
quasi
il
40%
dei
bambini
nati
nei
paesi
in
via
di
sviluppo [...]
"Mentre
milioni
di
adolescenti
americani
combattono
contro
il
peso
in
eccesso,
spendendo
tempo,
denaro
ed
energie
emotive
allo
scopo
di
dimagrire,
i
bambini
di
altri
paesi
non
possono
crescere,
minati
nel
corpo
da
un
lento
deperimento
e da malattie parassitiche e opportunistiche, impediti nello sviluppo cerebrale dall'insufficienza di nutrimento[...]"
"E'
stata
proprio
la
decisione
di
sfruttare
la
terra
allo
scopo
di
creare
una
catena
alimentare
artificiale
-
la
più
iniqua
della storia - a gettare nella più nera miseria centinaia di milioni di persone sparse ai quattro angoli del globo[...]"
Oggi
il
70%
dei
cereali
prodotti
negli
USA
viene
utilizzato
per
l'alimentazione
animale.
Sfortunatamente
i
bovini
non
sono
"convertitori
efficaci
di
energia":
un
bovino
produce
meno
di
50
kg
di
proteine
consumando
più
di
790
kg
di
proteine
vegetali.
Se
questi
fossero
destinati
direttamente
all'alimentazione
umana
procurerebbero
una
ciotola
di
cibo
per
ogni
essere
umano
per
un
anno
intero.
Invece
vengono
usati
per
assicurare
carne
ai
più
ricchi
del
pianeta
che,
come
l'americano
medio,
consumano
quotidianamente
"il
doppio
delle
proteine
raccomandate
dalla
FAO:
molto
più
di
quanto
il
corpo
possa
assorbire"
e
per
questo
si
ammalano.
Chi
muore
di
fame
e
chi
muore
per
le
patologie
del
benessere.
Non
solo:
l'allevamento
degli
animali
e
la
loro
macellazione
provocano
danni
ambientali
incalcolabili,
a
causa
dell'uso di pesticidi, concimi chimici e processo di lavorazione.
"Oggi
milioni
di
americani,
europei
e
giapponesi
consumano
hamburger,
arrosti
e
bistecche
in
quantità
incalcolabili,
ignari
dell'effetto
che
le
loro
abitudini
alimentari
hanno
sulla
biosfera
e
sulla
sopravvivenza
della
vita
nel
pianeta.
Ogni
chilogrammo
di
carne
bovina
è
prodotto
a
spese
di
una
foresta
bruciata,
di
un
territorio
eroso,
di
una
campo
isterilito,
di
un
fiume
disseccato,
del
rilascio
nell'atmosfera
di
milioni
di
tonnellate
di
anidride carbonica, monossido d'azoto e metano".
Chiunque
mangi
carne
ha
il
suo
ruolo
in
tutto
questo.
Rifkin
auspica,
ed
io
con
lui,
che
l'essere
umano
prenda
coscienza
dell'effetto
delle
sue
azioni
sul
pianeta,
soprattutto
che
sviluppi
quella
coscienza
ecologica
che
è
alla
base
di
ogni
comportamento
sano
ed
equo.
Un
giorno
qualcuno
parlerà
di
noi
come
dei
pazzi
sanguinari,
dei
barbari
senza
pietà.
Ricordiamoci
che
la
vita
sulla
terra
non
si
esaurisce
con
noi
e
che
lo
sviluppo
della
cultura
e
della
coscienza
non
si limita alle nostre acquisizioni e convinzioni.
(…)
L'80
per
cento
dei
bambini
che
nel
mondo
soffrono
la
fame
vive
in
paesi
che
di
fatto
generano
un
surplus
alimentare
che
viene
però
per
lo
più
prodotto
sotto
forma
di
mangime
animale
e
che
di
conseguenza
viene
utilizzato
solo
da
consumatori
benestanti.
Al
momento,
uno
sconcertante
36
per
cento
della
produzione
mondiale
di
grano
è
consacrato
all'allevamento
del
bestiame.
Nelle
aree
in
via
di
sviluppo,
dal
1950
ad
oggi,
la
quota-parte
di
grano
destinata
alla
zootecnia
è
triplicata
ed
ora
supera
il
21
per
cento
del
totale
di
grano
prodotto.
In
Cina,
dal
1960
ad
oggi,
la
percentuale
di
grano
da
allevamento
è
triplicata
(dall'8
al
26
per
cento).
Nello
stesso
periodo,
in
Messico,
la
percentuale è cresciuta dal 5 al 45 per cento, in Egitto dal 3 al 31, ed in Thailandia dall'uno al 30 per cento.
L'ironia
dell'attuale
sistema
di
produzione
è
che
milioni
di
ricchi
consumatori
dei
paesi
industrializzati
muoiono
a
causa
di
malattie
legate
all'abbondanza
di
cibo
-
attacchi
di
cuore,
infarti,
cancro,
diabete
-
malattie
provocate
da
un'eccessiva
e
sregolata
assunzione
di
grassi
animali;
mentre
i
poveri
del
Terzo
mondo
muoiono
di
malattie
poiché
viene
loro
negato
l'accesso
alla
terra
per
la
coltivazione
di
grano
e
cereali
destinati
all'uomo.
Le
statistiche
parlano
chiaro:
sarebbero
300
mila
gli
americani
che
ogni
anno
muoiono
prematuramente
a
causa
di
problemi
di
sovrappeso.
Un
numero
destinato
ad
aumentare.
Secondo
gli
esperti,
nel
giro
di
qualche
anno,
se
continuano
le
attuali
tendenze,
sempre
più
americani
moriranno prematuramente più per cause di obesità che per il fumo delle sigarette.
Il
consumo
di
grandi
quantità
di
carne,
specie
quella
di
bovini
nutriti
a
foraggio,
è
visto
da
molti
come
un
diritto
fondamentale
e
un
modo
di
vita.
La
società
dell'hamburger
di
cui
fanno
parte
anche
persone
alla
disperata
ricerca
di
un
pasto
al
giorno
non
viene
mai
sottoposta
al
giudizio
della
pubblica
opinione.
I
consumatori
di
carne
dei
paesi
più
ricchi
sono
così
lontani
dal
lato
oscuro
del
circuito
grano-carne
che
non
sanno,
né
gli
interessa
sapere,
in
che
modo
le
loro
abitudini alimentari influiscano sulle vite di altri esseri umani e sulle scelte politiche di intere nazioni.
"(…)
Ma
il
tema
assente
dal
panorama
dei
dibattiti
sono
le
abitudini
alimentari
dei
consumatori
dei
paesi
ricchi
che preferiscono mangiare prodotti animali pieni di grassi e altri cibi al top della catena alimentare globale,
mentre
i
loro
fratelli
del
Terzo
mondo
muoiono
di
fame
perché
gran
parte
del
terreno
agricolo
viene
utilizzato
per
la
coltivazione
di
cereali
destinati
agli
animali
.
Da
troppo
tempo
ormai
aspettiamo
una
discussione
globale
su
come
meglio
promuovere
una
dieta
vegetariana
diversificata,
ad
alto
contenuto
di
proteine
e
adatta
all'intera
umanità.
" (Jeremy Rifkin)
Non mangiare carne salva la terra
Un anno intero di acqua per soli 5 kg di carne
Alimentazione e Salute
Associazione SUM
Stati/Popoli Uniti del Mondo